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giovedì 9 aprile 2009 (ore 21.30) venerdì 10 aprile 2009 (ore 22.00)

 
*TI AMERO’ SEMPRE* di Philippe Claudel
con Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grévill [Francia/Germania, 115′, drammatico]
Una donna segnata da una colpa terribile torna dalla sorella dopo esser stata quindici anni in prigione. In comune hanno solo ricordi. Quando la primogenita è andata dentro, l’altra era quasi una ragazzina. Ora tutto è cambiato. La più giovane, Léa (Elza Zylberstein, perfetta) ha un marito, un suocero che non parla, due figlie adottive. «Non è che non potessi avere bambini, è che non mi sentivo di averne uno dentro la pancia». Si capisce: la sorella è stata condannata per aver ucciso il figlio di sei anni. Nel frattempo è stata annientata. Dal dolore, dalla famiglia, che ne ha cancellato ogni traccia, dalla società che oggi la rifiuta.Ma tutto questo lo scopriamo poco a poco. Quello che vediamo all’inizio è soprattutto il nulla, il vuoto, l’abisso che si porta dentro Juliette (una Kristin Scott Thomas assolutamente prodigiosa). Un abisso che il film lentamente esplora e prosciuga, come una palude. È il lato migliore dell’esordio di Philippe Claudel, scrittore già molto noto (il suo romanzo più famoso è Le anime grigie, ed. Ponte alle Grazie), arrivato al cinema per raccontare una storia cui la pagina andava stretta. Ed è proprio la partitura di tempi, incontri, falsi movimenti in cui si iscrive la lenta rinascita di Juliette, il coro di personaggi che la circonda ora soffocandola ora facendole quasi da specchio, che avvince e emoziona. La Scott Thomas, sempre senza trucco, pallida, intensa, via via macerata dai piccoli traumi o dalle impercettibili infrazioni che preludono al clamoroso colpo di scena finale, è il perno indispensabile di un film austero e rigoroso che, altrimenti, apparirebbe troppo freddo e premeditato. Lo scrittore Philippe Claudel, infatti, accentua dietro alla macchina da presa la vocazione intimistica inanellando un album d’immagini a doppio fondo: sobrie e molto «fisiche» in apparenza, ma attraversate in profondità da scariche emotive devastanti.

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