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giovedì 3/12/2009 (ore 21.30)


GLI ABBRACCI SPEZZATI

di P.ALMODOVAR, con Penelope Cruz, Bianca Portillo, Lluis Homar, Jose Luis Gomez, [Spagna, 129′, drammatico]

Grande melodramma. Una ragazza bellissima molto povera va a vivere con un uomo d’affari anziano molto ricco che l’ama follemente, ma non rinuncia al proprio sogno di essere attrice di cinema. Per accontentarla e per non perderla, l’uomo d’affari diventa finanziatore e produttore della commedia brillante Chicas y muletas, ragazze e valigie, in cui lei ha la sua prima parte importante. La ragazza e il regista s’innamorano. Geloso e sospettoso, l’uomo d’affari li spia, incarica il figlio di girare in video ciò che i due fanno, assume una lettrice di parole sulle labbra per farsi riferire quanto dicono. Appena finito il film, ragazza e regista fuggono a Lanzarote, rifugiandosi soli in un bungalow sull’incantevole spiaggia di Famara. In un incidente d’auto (voluto? casuale?) la bellissima muore, il regista (come in Woody Allen) diventa cieco. Intanto l’uomo d’affari, pazzo di dolore, ha fatto completare il film nel modo peggiore, scegliendo le scene mal riuscite, la recitazione sciagurata e l’ha messo nei cinema allo scopo di svergognare il regista. Come lieto fine il regista, che ha scoperto di avere un figlio, decide di mettere a posto il film: il cinema è troppo importante, si deve fare anche senza poterlo vedere.Pedro Almodóvar può essere definito il Giano Bifronte del cinema contemporaneo. Come l’antica divinità ha uno sguardo che si volge al passato e uno indirizzato al presente e al futuro. Alternativamente, e secondo modalità che verrebbe da definire programmatiche, ce ne presenta ora l’uno ora l’altro. Se in Volver l’occhio era rivolto a un presente di passioni e di sentimenti che si volgevano verso un passato individuale che ne innervava l’essenza, in Gli abbracci spezzati lo sguardo è rivolto rigorosamente all’indietro, verso il cinema e il piacere della costruzione narrativa tanto inattaccabile quando fredda. Tutto è magistrale nel suo cinema e quindi anche qui. La cecità come condizione esistenziale in cui l’immagine si fa ricordo, il cinema classico che finisce con l’ispirare addirittura il titolo del film (la sequenza del ritrovamento dei due cadaveri colti abbracciati dalla lava in Viaggio in Italia di Rossellini vista dai due protagonisti in un momento di distesa intimità), il cinema che narra il farsi del cinema nello stesso momento in cui mette in gioco un artificio narrativo tanto palese da dover essere denunciato («Questo è un fatto che succede solo nei film»).

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